sabato 29 marzo 2008

il mestiere più antico del mondo



all'inizio è difficile abituarsi all'idea che i clienti non si possano scegliere.
vorresti solo quelli giovani e fighi, i più "trasgressivi".
invece, ti tocca andare con chi capita e fare anche finta che ti piaccia.

poi, con il tempo ti abitui a tutto, e capisci che i clienti che possono davvero arricchirti sono i più grassi ed anziani: pronti a pagarti uno sproposito per un lavoretto che potrebbero benissimo farsi fare dalla segretaria o dall'ultima delle stagiste. ma sono fatti così: tremendamente noiosi, non apprezzano le tue fantasie e mortificano tutti i tentativi di rendere più "piccante" questo mestiere. niente di strano che ti paghino per farsi da soli delle cose che hanno già in mente, ché in pratica tu devi solo stare a guardare e farli godere dicendo le parole giuste al momento giusto.

sono i trucchi del mestiere, che si imparano solo dopo tanti anni di esperienza.
ma, più tempo passi sul marciapiede, più ti ritrovi a rimpiangere l'entusiasmo, la spensieratezza, l'energia, la voglia di fare degli inizi.
perché sai che quella verginità non ritornerà più.

ma che male, le prime volte, ad andare con quelli con il logo troppo grosso.

domenica 16 marzo 2008

diventare famoso



quando mac è arrivato al traguardo dei 22km della camminata del roccolo di grezzago ha capito cosa devono provare i famosi quando, sull'isola, vincono la prova e mangiano con fame vera. dopo oltre due ore corse su sterrati resi fangosi da una insistente pioggerella assuppa viddanu, si è subito diretto al banchetto del ristoro: doppia porzione di salamelle e polenta, un tot di fette biscottate con marmellata, pane e nutella.
non c'era neanche un vip (che strano, eh?) ma è stato lo stesso un brunch indimenticabile.

mercoledì 12 marzo 2008

like a rolling stone



questo è il resoconto di una passeggiata di dieci anni fa.

una domenica pomeriggio in cui l'inter perdeva il suo ennesimo scudetto e recriminava per un rigore non dato.
una passeggiata in cui mac camminava, bello rilassato, in una città in cui, anche quando non hai fretta, spesso ti ritrovi a dire "scusa-devo-scappare".

se ne andava in giro per le vie di milano, senza troppi pensieri, e con la sensazione che la vita era lì che lo aspettava e che avrebbe potuto darle la forma e la direzione che voleva.
tanti sogni, pochi cassetti, qualche speranza, molte scoperte, nessuna certezza. tra mac e locomotiva la differenza saltava agli occhi: la locomotiva aveva la strada segnata, lui no.

così, corso buenos aires acquistava un senso anche con i suoi mille negozi chiusi. e poi le vetrine del centro, un giro per librerie, un taglio secco dalle vie della moda verso brera, per tornare a casa passando dai giardini pubblici di via palestro.

lui la milano del nord (da non confondere con la milano del sud) la conosceva già abbastanza bene.
ci aveva passato lunghi periodi sin da ragazzino e aveva imparato a scoprirne le varie zone sbucando qua e là come un fungo dalle stazioni della metro.
adesso, grazie a ka e alla sua obsoleta, stava iniziando ad "unire i pezzi" e ad averne finalmente una chiara visione d'insieme.

perché quando una città è la tua città non la ammiri con gli stessi occhi di un turista, e quando sei un turista non riesci a guardarla con lo stesso spirito di uno che la vive.
lui, invece, non-milanese e non-turista, stava imparando a capire ed apprezzare, dietro quei vialoni alberati tutti un po' uguali a se stessi, le tante anime diverse che rendono milano così interessante.
certo, negli anni a venire avrebbe poi avuto modo di scoprire come questa città presenti un conto, con gli interessi, delle tante cose che, all'inizio, sembra offrirti gratis.
ma, in quel pomeriggio, il futuro era solo un'ipotesi, milano una parentesi e tutto gli sembrava perfetto. tutto.
le panchine del parco, il baretto all'aperto, la luce, la temperatura, persino come era vestito.

può un giorno qualunque, una domenica così insignificante, rimanere impressa in maniera così indelebile?
il fatto è che, per la prima volta, era realmente libero e, anche se non sapeva bene cosa farsene di tutta quella libertà, anche se non capiva se stesse scappando o correndo incontro a qualcosa, gli piaceva l'idea di non avere una casa, di non avere una direzione, di dormire su un divano.

e, attraversando corso venezia, cantava:
How does it feel?
To be on your own
With no direction home
Like a complete unknown
Like a rolling stone

martedì 11 marzo 2008

troppi-tasking



2 computer diversi, 11 applicazioni aperte, 15 tab del browser, una chat su skype e una su gmail, 4 caselle mail, un arretrato di 449 rss ancora da leggere, 2 cagate di commenti lasciati in giro, 5 download attivi, 5 forum in cui curiosare, 45698 image results, una playlist di iTunes in background, 4 layout, 3 visual da photoshoppare un po', almeno 15 post iniziati e mai finiti, 4 sms scritti a velocità teenager, 1 tweeter ogni tanto, 3 documenti con idee sparse per altrettante presentazioni nelle prossime 72 ore, aggiungere una cosa al volo, interrompersi per aprire un nuovo documento, cercare quel file, salvarlo con nome, rispondere ad una mail e salvarla come bozza perché squilla il telefono.

mac avrebbe deciso di tornare al vecchio metodo: fare le cose una per volta. ma non ce la fa.

mercoledì 5 marzo 2008

breve guida di sopravvivenza per catanesi a milano



ad alcune cose non vi abituerete mai.
ad esempio, a milano non c'è l'etna per orientarsi.
e neanche il mare, tanto per essere chiari.

però, nella città del biscione, impararete a fare l'abitudine ad altro.

tipo a sbuffare perché un mezzo pubblico è in ritardo di qualche minuto (e non che non arriva proprio).
che non si può chiedere un bicchiere d'acqua al bar senza pensare di non pagarlo, nemmeno mendicando "un bicchiere di seltz" dopo avere già bevuto il caffè.
a proposito, al bar pagherete prima della consumazione e non solo dopo, a consuntivo.

qui non ha senso chiedere la granita con panna "sopra e sotto", perché le granite sono una truffa e si bevono con la cannuccia.
il seltz al limone (nelle varianti doppio limone, con e senza sale), lo dovrete rimpiazzare con qualcos'altro. e, anche se ai tanto celebrati aperitivi milanesi scoprirete infinite varianti di cocktail, finirete presto per rimpiangere la semplicità di un tamarindo o il colore assurdo di un mandarino al limone (e, soprattutto, ne rimpiangerete i costi).

qui le gomme da masticare si chiamano cicche, quindi se chiederete "una gomma" vi guarderanno strano. al limite potrete chiedere un "ciaingum", anche se "c'hai-un-ciaingum" suona proprio male.
farete la spesa all'esselunga, dove le borse della spesa si chiamano sacchetti. non come a catania, dove la cassiera, come fosse mike bongiorno, chiede: "quante bbuste vuole?"

in ufficio niente carpette ma solo cartelline (che teneri).
scordatevi cartocciate, arancini, cipolline e rosticceria in genere: qui i panzerotti non sono al cioccolato ma hanno dentro formaggio e pomodoro.
pausa-pranzo significa consumare un veloce panino al bar perché non è previsto un normale pasto a casa con sonnellino ristoratore (in pigiama) fino alle 4, 4 e mezza.
anzi, spesso vi fisseranno appuntamenti "di pomeriggio" ad orari tipo le 2, le 2 e mezza, quando a catania non è possibile incontrare esseri umani in giro.

inoltre, dovrete rassegnarvi ad eliminare per sempre alcune abitudini ed espressioni.
non potrete mai più raccontare barzellette, perché è evidente come un catanese non possa raccontarle "in italiano" (che facciano ridere, s'intende).
non potrete più dire ho preso una scaffa, ho scoppiato, si è scafazzata, ho appizzato i pantaloni nuovi, ho attraccato una e me la sono azziccata: insomma, in tante cose ve la dovrete spurugghiare da soli.

ma scoprirete anche che se, durante un litigio in auto, reagirete con un catanesissimo "ma cchi spacchiu voi?", come per magia, vi capiranno immediatamente.

lunedì 3 marzo 2008

toccare il fondo



qui non ci sono code agli impianti di risalita (perché non c'è niente da risalire),
non ci sono baite caciarone piene di sciatori avvinazzati,
e nemmeno ricche signore che si arrostiscono al sole sfoggiando quei cazzo di doposci pelosi.
non si vede molto altro che non siano alberi, ruscelli e montagne
e quando si incontra qualcuno lo si saluta.
qui la fatica stimola la contemplazione
e si diventa un tutt'uno con questa meravigliosa e quieta natura.
ma la cosa fondamentale è che sulle piste di fondo
non c'è modo di incontrare quei fottuti ragazzini in snowboard.